Le videochat di Oil Project: Informatica Medica con il prof. Bevilacqua

COMUNICATO STAMPA – Medicina e Informatica: dalla diagnostica per immagini all’analisi di patologie tumorali

Nuova diretta interattiva su Oilproject, piattaforma free dedicata alla formazione online. Martedì 20 dicembre, dalle 20:50 alle 21:50, parleremo di Informatica medica con Vitoantonio Bevilacqua , docente di Elaborazione delle Immagini presso il Politecnico di Bari.

Quale supporto è in grado di fornire oggi l’informatica al lavoro medico, e quali sviluppi si prevedono per il prossimo futuro? In che modo l’introduzione di strumenti come la tomografia assiale computerizzata (meglio nota come TAC) ha rivoluzionato metodi e cure? Ricostruendo il percorso di questa disciplina, dai sistemi sanitari per l’elaborazione dei dati clinici fino alle ultime applicazioni della bioinformatica, cercheremo di illustrarne obiettivi e potenzialità.

La videochat è aperta a tutti e gratuita: chiunque potrà inviare domande, votare quelle altrui e discutere in chat. Questo il link per seguire l’evento.

GenoMIX #19 – Novembre 2011

Dove non arriva l’archeologia, arriva la genomica: sembra questo il messaggio che vogliono comunicarci le scoperte scientifiche di questo mese. Ma andiamo con ordine (cronologico). Ricercatori cinesi hanno scoperto con un’analisi bioinformatica che gli esseri umani nella loro evoluzione hanno acquisito 60 nuovi geni, assenti negli altri primati: sono geni attivi in diversi tessuti, soprattutto nella corteccia cerebrale. La ricerca, pubblicata su PLoS Genetics, sembra ipotizzare un tasso di formazione di nuovi geni molto più alto del previsto, pari a circa 10-12 geni ogni milione di anni.

Uno dei geni più interessanti per chi studia l’evoluzione umana è FOXP2. Rispetto agli scimpanzé, gli esseri umani hanno una forma mutata di questo gene, che secondo gli scienziati potrebbe essere alla base della nascita del linguaggio nei nostri antenati. Al Max Planck di Leipzig, in Germania, stanno conducendo esperimenti interessanti: inserendo in topi di laboratorio la versione umana del gene FOXP2, sembra che i roditori diventino più intelligenti e producano squittii differenti rispetto ai topolini normali. I dati sono stati presentati un paio di settimane fa a un meeting di neuroscienze.

Dopo aver imparato a parlare i nostri antenati hanno colonizzato quasi tutte le terre emerse, esplorando aree geografiche molto diverse una dall’altra, e anche qui la genomica può esserci d’aiuto. Un articolo pubblicato su PLoS Genetics ci dice infatti che a guidare l’evoluzione dell’uomo durante la colonizzazione della Terra non sono state tanto l’alimentazione o il clima, ma piuttosto gli organismi patogeni che gli esseri umani hanno dovuto fronteggiare, e in particolare i parassiti. Ho intervistato uno degli autori, Matteo Fumagalli; se siete interessati ai dettagli di questo lavoro bioinformatico l’intervista è qui.

Avanziamo di parecchie migliaia di anni per parlare non più dell’uomo, ma del suo migliore amico. Analizzando la variabilità genetica delle principali razze canine e quella di lupi e coyote, un gruppo di ricerca internazionale ha infatti ribadito una vecchia ipotesi sul luogo in cui ebbe inizio l’addomesticamento dei cani. Si tratterebbe di un’area a sud del Fiume Azzurro, in Cina: è qui che vivono i cani con la maggiore diversità genetica, ed è da qui che dovrebbe essere iniziata l’evoluzione dei nostri amici a quattro zampe. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Heredity.

Rapidamente segnalo il Roman DNA Project, con il quale un’antropologa americana vuole fare l’identikit dei migranti che 2000 anni fa giungevano nell’antica Roma. Parlando di nuovi genomi, questo mese è stato sequenziato il genoma della farfalla monarca, una specie americana in grado di compiere delle migrazioni straordinarie: gli scienziati ci stanno lavorando per capire come facciano queste bellissime farfalle a orientarsi in un viaggio di migliaia di chilometri. Infine, una buona notizia per chi possiede la variante genetica rischiosa del gene dell’obesità (FTO): attività fisica e dieta povera di grassi saturi sono in grado di annullare la vostra predisposizione genetica per la ciccia.

Galaxy Cloud: la bioinformatica a portata di click

ResearchBlogging.orgLe tecnologie per il sequenziamento genomico sono migliorate in modo impressionante negli ultimi anni, è un fatto ormai noto a chiunque lavori in ambito scientifico: si è passati dal metodo Sanger al sequenziamento di seconda generazione e infine, proprio in questi mesi, alle macchine di terza generazione. Le specifiche tecniche sono strabilianti, è possibile ottenere in poco tempo e a basso costo una sequenza genomica di qualità elevatissima. L’aspetto che molti si dimenticano spesso di sottolineare, però, è che a questa enorme produzione di dati non corrisponde un’altrettanto straordinaria capacità di immagazzinarli, e soprattutto di analizzarli.

Con il crollo dei costi, sempre più laboratori – anche di piccole dimensioni – decidono di acquistare un sequenziatore di DNA per produrre in casa i dati, ma quando arriva il momento di dare a queste sequenze un significato biologico iniziano i problemi. Il primo problema è il software: la tecnologia cambia rapidamente, le esigenze di analisi sono differenti e non sempre esiste un programma bell’e pronto che consenta di eseguire l’analisi richiesta agevolmente. Molto spesso i bioinformatici sono costretti a setacciare la rete alla ricerca del software giusto, poi devono ottimizzarlo per lo specifico lavoro da svolgere e infine perdere tempo a modificare il formato dei propri file affinché siano “digeribili” dal programma. Per non parlare di quando non esiste nessun software che esegua l’analisi che vi interessa nel modo in cui serve a voi, con il tipo di organismo che serve a voi e la tipologia di dati che voi avete a disposizione: in quel caso il bioinformatico sfodera le sue competenze di programmatore e si fabbrica da solo il tool tanto desiderato. Insomma, se pensate che per analizzare una sequenza genomica basti premere un pulsante sulla tastiera del vostro portatile, vi sbagliate di grosso.

Il secondo scoglio in cui ci si imbatte quando si devono analizzare dati genomici è l’hardware. E’ una questione molto seria, specialmente quando la deve affrontare un piccolo laboratorio, che certamente non ha a disposizione infrastrutture informatiche fantascientifiche. Lo spazio occupato da questo tipo di dati è nell’ordine dei terabyte (1 tera sono più o meno 1000 giga), e la potenza computazionale necessaria per analizzarli in un tempo accettabile non è quella in dotazione a un normale computer. Se si vuole fare proprio tutto da sé, quindi, è inevitabile acquistare server costosi e assicurarsi di avere personale specializzato che faccia regolare manutenzione e risolva prontamente qualsiasi problema tecnico.

Fortunatamente, c’è qualcuno che ha ben presenti tutte queste difficoltà e si sta impegnando a fondo per ridimensionare – se non eliminare – questi problemi: sono Anton Nekrutenko, professore alla Penn State University, e il suo team. Nel 2005 hanno lavorato per risolvere la questione software e hanno realizzato Galaxy, una piattaforma che raccoglie tutti i principali tool di analisi in unico sito web dall’interfaccia user-friendly. Si può scaricare il software sul proprio PC oppure lanciare le analisi sui computer dell’università americana. E’ gratis e può contare su una comunità di sviluppatori che aggiunge continuamente nuove funzionalità. Ora il team di Nekrutenko fa un altro salto di qualità, portando Galaxy nel mondo del cloud computing. I vantaggi sono notevoli: le risorse computazionali a disposizione del singolo utente diventano pressoché illimitate, e si ha la garanzia che i propri dati siano conservati in un luogo sicuro.

“Galaxy Cloud offre molti vantaggi oltre a quelli più ovvi, come la potenza computazionale necessaria per grandi quantità di dati e la possibilità per uno scienziato con poca esperienza informatica di cimentarsi in analisi complesse, che sarebbero altrimenti inaccessibili” ha dichiarato Nekrutenko. “Ad esempio, i gruppi di ricerca non devono più investire denaro in costose infrastrutture informatiche per poter eseguire, su grandi moli di dati, analisi scientifiche sofisticate“. Un altro punto di forza è l’allocazione automatica delle risorse disponibili nel cloud, gestita dal sistema CloudMan, che rende rapide ed economiche le analisi. In una lettera a Nature Biotechnology, gli autori dimostrano che impostando la funzione autoscaling di CloudMan è possibile svolgere un’analisi nello stesso tempo (6 ore), spendendo 20 dollari invece di 50. Per usare Galaxy Cloud non avete bisogno né di grossi server, né di ingegneri informatici: tutto ciò che vi serve è il vostro browser.


Afgan, E., Baker, D., Coraor, N., Goto, H., Paul, I., Makova, K., Nekrutenko, A., & Taylor, J. (2011). Harnessing cloud computing with Galaxy Cloud Nature Biotechnology, 29 (11), 972-974 DOI: 10.1038/nbt.2028