Coralli

Sono animali strani, i coralli, talmente strani che un tempo si pensava appartenessero al regno delle piante. A dare loro la giusta collocazione nell’albero della vita fu William Herschel, un astronomo tedesco del 18° secolo che guardò per la prima volta al microscopio questi meravigliosi abitanti degli oceani. Dal punto di vista tassonomico, i coralli sono dei celenterati, e più precisamente degli antozoi. Il loro aspetto è simile a quello di un piccolo polipo, con un cilindro centrale al termine del quale si trovano dei tentacoli, utili per catturare plancton e pesciolini.

Molti coralli vivono in stretta simbiosi con delle alghe unicellulari chiamate zooxantelle, dalle quali dipende la loro sopravvivenza: quando le acque diventano troppo calde o troppo acide le alghe muoiono, i coralli perdono i loro colori brillanti e spesso la vita. E’ il cosiddetto fenomeno dello sbiancamento, che mette a rischio interi ecosistemi, ed è perciò considerato una delle più drammatiche conseguenze del riscaldamento globale. Sulla rivista Nature un gruppo di scienziati giapponesi ha ora pubblicato il genoma di una particolare specie di corallo, grazie al quale si è potuto scoprire alcuni dei segreti custoditi da questi antichissimi animali.

ResearchBlogging.org

Sì, antichissimi, perché confrontando il genoma di Acropora digitifera con quello di un parente stretto dei coralli (l’anemone di mare) si è potuto calcolare il tempo trascorso da quando i due celenterati si sono separati. A quanto pare, i coralli si sarebbero evoluti circa 500 milioni di anni fa, tra la fine del Cambriano e l’inizio dell’Ordoviciano. Sempre grazie al genoma di A. digitifera è stato possibile far luce sulle ragioni biochimiche alla base della simbiosi con le alghe zooxantelle. Questi coralli sarebbero infatti privi di un’enzima fondamentale per la sintesi della cisteina, un aminoacido che potrebbe essere fornito dalle alghe simbionti. Avremo la prova definitiva di ciò solo quando anche il genoma di queste ultime sarà sequenziato, ma l’ipotesi è affascinante e sicuramente ragionevole.

I ricercatori hanno inoltre scoperto che i coralli sono in grado di produrre metaboliti secondari (MAA) che li proteggono dai raggi ultravioletti. Benché la presenza di queste molecole fosse già nota, non si conosceva la loro origine: quando si ha a che fare con organismi simbiotici, non è scontato capire chi produce che cosa. L’ultima sorpresa i coralli la rivelano quando si va a guardare i geni deputati alla risposta immunitaria: rispetto al cugino anemone, A. digitifera ha un repertorio di geni molto più ampio e variegato. Secondo gli autori, questo dato risulterebbe in perfetto accordo con lo stile di vita di questi animali, che vivendo in colonie hanno bisogno di riconoscere amici e nemici con maggiore precisione.

Il genoma di A. digitifera fa il paio con quello di un altro corallo annunciato pochi giorni fa (Acropora millepora), ma non ancora pubblicato su rivista. I coralli popolano i nostri mari e i nostri oceani da mezzo miliardo di anni ormai, e sarebbe un peccato imperdonabile se li perdessimo per via dell’inquinamento e del global warming. Capire come questi animali rispondono agli stress ambientali sarà il primo passo verso la loro salvaguardia, e grazie alla sequenza genomica ora disponibile la strada sarà molto più semplice.


Shinzato, C., Shoguchi, E., Kawashima, T., Hamada, M., Hisata, K., Tanaka, M., Fujie, M., Fujiwara, M., Koyanagi, R., Ikuta, T., Fujiyama, A., Miller, D., & Satoh, N. (2011). Using the Acropora digitifera genome to understand coral responses to environmental change Nature DOI: 10.1038/nature10249

Lascia un commento